DIARIO NOTTURNO – SAN BIAGIO PENSACI TU ( di Diego Sergio Anza’)

DIARIO NOTTURNO – SAN BIAGIO PENSACI TU  ( di Diego Sergio Anza’)

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Carissimo San Brasi, scusami se mi permetto di disturbarti, ma tu si un santu e pensu chi mi perdoni. Mi chiamo Carmelo Timeto e ti scrivu da Göppingen in Germania. Sono emigrato in questa bella città nel 1961, in cerca di fortuna. Avevo meno di vent’anni. Non sacciu scriviri tantu bonu, ormai parru megghiu u tedescu che u talianu. Ma tu che sei il Patrono e divintasti puru tu un sampiroto, mi capisci u stissu. A San Piero stavo in campagna e a scuola arrivai appena a quinta elementare. Non c’era tempu di studiari. Ni scurciavumu i travagghiu e c’era sempri fami. Così mio padre, mia madre, io e mia sorella partimmu pa Germania. Pianti e dolore alla partenza, pianti e dolore all’arrivo. Ci siamo sistemati in una casetta di legno e lamiera e mi paria un infernu. Mi mancavano gli amici del paese, i parenti e mi mancava puru u sciauru da niputella e da zagara. In Germania mi paria sempre scuru. U suli avia restadu  tuttu a San Pieri. Poi col tempo le cose si sistemarono, il lavoro era duro ma almeno la paga era buona e travagghiavamu tutti. I miei genitori sono sepolti qui. Hanno vissuto bene e qui vossiru ristari. Io mi spusai cu ‘na bella paesana e ora mi godo la pensione e i nipoti.

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Carissimo San Brasi, siccome so che in questi giorni è la tua festa, mi vinniru due pensieri pa testa e ti vossi scriviri sta lettera. Il primo pensieru è chi vulissi essere là, in mezzo alle bancarelle, a sentiri a banna chi sona, i campani a festa e darrieri alla tua statua biniditta in processione. Purtroppo non mi pozzu moviri da Göppingen, ma mi ricordo preciso quannu a prima duminica di ottobre scinnievumu o paisi per la tua festa. Cu vestitellu bonu e tanta voglia di ni scurdari tanti inutili sacrifici. Io, mi ricordo, smaniavo pi tutti i sdradi e mi paria un sognu. Quattro sordi ‘tra sacchetta. Chi pudia cattari? Un giru supra u cavadduzzu da giostra, un pugnu di caramelli e un pugno di nucilli. L’altra sacchetta s’inchia di desideri. Chi bella festa chi era.
Scusami, San Biagiuzzu, ma mi stancai a manu e siccome u secunnu pinsieru è più importante, ciu dettu a mia nipote che scrivi bonu in italianu.

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Allora, Annuccia, continua tu e ti raccomando scrivi bene, sennò San Brasi non capisci chi vogghiu diri.
Nello scorso mese di agosto,dopo tanto tempo, sono tornato a San Piero. I miei cugini mi hanno portato in un ristorante da Salvatore all’Annunziata, a Sambuco da Luciana e a Firraina da Saccà. Abbiamo mangiato come i re. Ho scherzato con i paesani, mi sono fatto arrostire dal mio sole e mi sono riempito di paste di mandorle e sospiri. Certo il paese è cambiato. Non c’è più la povertà di allora, ci sono tante macchine, market moderni, le strade e le piazze sono tenute bene e pulite. Però ho notato che c’è poca gente in giro e soprattutto pochi giovani. Mi hanno spiegato che sono costretti a partire, a lasciare il paese come ho dovuto fare io nel 1961. Non c’è lavoro e lo sviluppo economico stenta a decollare, anzi non si muove niente. Io quando ero ragazzo certe cose non le capivo. Adesso ho esperienza e rifletto. Così un giorno, di prima mattina, mi sono seduto in una panchina nella piazza del Tocco ed ho riflettuto. Davanti a me uno spettacolo incredibile. Tutte le colline verdi, la vallata, il mare e le isole che si toccavano con le mani. E ho anche pensato a tutti i bellissimi monumenti che abbiamo, ai nostri prodotti tipici, al nostro artigianato, all’Arabite. In Germania, con questi tesori cambierebbero il mondo e creerebbero un sacco di posti di lavoro. E nessuno sarebbe costretto a fare, come me, l’emigrato. Si è avvicinato al sedile un paesano e mi ha spiegato tutto…..e ho capito… tutto.
Ecco perché ti ho scritto questa lettera, carissimo San Biagio. Tu che sei un gran medico, protettore della gola e della bocca, datti un po’ da fare. Quando i dirigenti di San Piero e tanti altri perditempo, sprecano le loro voci in inutili litigi, fai ingolfare le loro gole e paralizza le loro lingue. Poi quando si decidono di usare le loro parole per il bene del paese, con un miracolo riporti tutto alla normalità. Nella meravigliosa chiesa di Santa Maria, in una teca d’argento, è conservato un tuo molare. Sei un santo, se non basta il miracolo, ti è sufficiente un solo dente per un sacro morso risolutore.
Ti scongiuro, San Brasi, pensaci tu al nostro paese. Un devotissimo saluto da Göppingen.

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Diego Sergio Anza’

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