DIARIO NOTTURNO – Mietere la Vita ( di Diego Sergio Anzà)

DIARIO NOTTURNO  – Mietere la Vita ( di Diego Sergio Anzà)

VOLEVO PARLARE ancora del giovane nigeriano assassinato, a Fermo, dall’odio razzista. Mi astengo, perché è frustrante unire chiacchiere alle tante chiacchiere di questi ultimi giorni. E poi rischierei, inutilmente, querele se dovessi….rispondere ai vari Giovanardi e Feltri. Cioè al nulla. Il razzismo, il vile disprezzo verso la diversità è una delle più mostruose patologie iscritte nel DNA umano. Malattia incurabile, orrore senza fine. Stanotte mi arrendo, domani vediamo.
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MIETERE LA VITA —- Basta il caldo alito di luglio per svegliare un ricordo. È l’alba. L’ oro dei covoni è ancora più forte dell’astro che indugia dietro le colline. Uomini e donne già vestiti di sudore, sanno che debbono scalare un’altra montagna di fatica dopo le tante altre che il destino ha messo sulla strada della loro vita. Stanno in silenzio sotto alberi di quercia. Con pudore assaggiano pane nero e formaggio duro. Un pò di acqua fresca, qualche sorso di vino. I loro bambini ringraziano le mammelle della generosa sorella mucca. Molti giorni prima, i loro padri avevano stravolto “a terra forti”, argillosa e crudele. Colpi di zappa a ritmo lineare. Con dolorante furore. Vermi osceni e ciechi erano sbucati dalle viscere e subito fusi nella terra umida, tra il ferro ed il sole.
Poi uomini e donne avevano seminato con paziente devozione. Saccocce di speranza svuotate sulle zolle. Gli steli di grano erano cresciuti. Lentamente ma con forza cosmica. Fiori di vita.
Ora sono falciati, pronti al sacrificio.mietitura_02
Nella mia stanza di bambino più fortunato, attendo con ansia il fracasso della trebbiatrice che arriva. Sempre preceduta dal gran capo Archimede Lo Presti. Il cielo è ormai infuocato e le spighe tremano. Dopo un viaggio infernale dentro canali scuri e ruote-ghigliottine, cedono i figli alla bocca di sacchi ruvidi. I chicchi sono pronti all’altro supplizio. Al mulino, alle fiamme del forno. E poi alla resurrezione, alla nuova vita. Al pane.
Quegli uomini e quelle donne hanno compiuto il miracolo. Sono Dei stanchi ma orgogliosi. Vanno a celebrare la messa di Cerere. L’unione compiuta tra il Lavoro e l’Eterno. Hanno mietuto la vita.
Ora il ricordo si ritira e mi guardo attorno. Non vedo molte semine, non vedo molti raccolti. Vedo queste stagioni sterili. Pochi chicchi di grano comprati senza sogni e senza fatica al Mercato di pietra. Scorgo intere generazioni di trentenni accompagnati con mano, dentro quel Mercato, da genitori volutamente inconsapevoli e complici. “Ecco il grano, è lì, prendilo, è tuo”. Neppure una parola sull’aratura, sulla semina e sul raccolto. In casa c’è sempre farina, acqua e sale. Dimenticano, colpevolmente, di rivelare ai loro figli-pantofola che manca il lievito, che il pane non crescerà, non avrà aria ed anima.
Io lo so che gli Dei del grano, nei solchi tracciati, hanno pure lasciato lacrime di sovrumana fatica. Che ogni giorni hanno respirato tutta la storia dell’ingiustizia. Ma hanno resistito, hanno mietuto la vita.
Ai trentenni di oggi, fantasmi di dervisci rotanti nel nulla, quale senso della semina e del raccolto abbiamo dato? Quale lievito-madre (e padre) abbiamo indicato?
Lungi da me qualsiasi intento di predicozzo. Credo però che sia giunta l’ultima occasione per mostrare l’aratro, per far toccare i semi e per abbracciare le spighe.

 

diego_sergio_anza_loghino_firma_002Diego Sergio Anzà

 

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