SAN PIERO PATTI –  L’ebanista Enrico Giuttari dona alla Biblioteca Comunale una cornice che racchiude testimonianze sulla storia del Castello baronale locale.

SAN PIERO PATTI –  L’ebanista Enrico Giuttari dona alla Biblioteca Comunale una cornice che racchiude testimonianze sulla storia del Castello baronale locale.

Nel pomeriggio dello scorso 6 giugno,  presso i locali della Biblioteca Comunale “Helle Busacca “  di San Piero Patti si è svolta la cerimonia di donazione, ad opera dall’ebanista  Enrico Giuttari,  di una cornice artistica realizzata dallo stesso artigiano sampietrino  che racchiude una serie di testimonianze riguardanti la storia di quello che fu il Castello baronale del centro nebroideo.

Alla presenza degli insegnanti  e  degli alunni della scuola secondaria dell’ Istituto “ Rita Levi- Montalcini” , presieduto dalla Dirigente La Rosa , e dell’ Assessore alla Cultura Salvatore Pantano, è stata , quindi, “svelata”  questa originalissima cornice –  collocata  nell’ingresso della stessa  struttura comunale –  la quale , come detto, contiene al suo interno alcuni racconti e diverse fotografie esclusive che tentano di far luce su una parte della cronistoria di una delle strutture più importati del paese riconvertita , ai giorni nostri,  in polo culturale.

Secondo le fonti ufficiali, la costruzione del locale  castello viene datata nel 1252. Nel corso dei secoli, le famiglie nobili che poterono vantarsi della castellania del feudo di San Piero Patti furono numerose.

Come riporta Giuseppe Argeri nel noto  libro “Storia di San Piero Patti (1987)”, nel XIII° secolo, il luogo che fu scelto per la sua realizzazione – ovvero il punto più alto del paese dal quale  si gode di un’ottima visuale del fondovalle –  era già denominato Castello, nonostante in questo sito non vi fosse nessuna costruzione di questo tipo. Si potrebbe ipotizzare che in quest’area  –  nei secoli precedenti  quando si registrarono le  dominazioni bizantina prima  ed araba poi  – sia stato costruito un castello da tali popolazioni  ,  distrutto forse durante il periodo della presenza normanna sul territorio sampietrino.  Questo, pertanto, potrebbe essere stato il motivo per il quale l’intera  zona viene definita da sempre Castello.

Sempre in base alla ricostruzione storica, la fortezza, seppur in stato di abbandono, era presente fino al 1860. Dopo tale periodo , furono gli stessi sampietrini a demolirla per usare  le sue pietre quale materiale per la costruzione delle abitazioni locali.

Intorno al 1950, si giunse alla conclusione di costruire, proprio in questo spazio oramai in disuso, un edificio scolastico cancellando , in tal modo , anche le ultime tracce di questa secolare struttura. Odiernamente, ciò che ne rimane sono  pochissimi resti: una cisterna; alcune parti dei muraglioni e la base di una delle torri di guardia.

Dell’antica ed originaria costruzione , della sua struttura architettonica non sono mai state ritrovate fotografie, disegni o semplici schizzi.

La carenza di queste informazioni , bilanciata dalla voglia da parte del donatore di colmare queste lacune storiche,  rende ancora più preziosa l’opera realizzata da Enrico Giuttari alla quale , per quanto riguarda gli scritti presenti, hanno collaborazione anche altri 4 sampietrini che hanno riportato su carta i ricordi della loro adolescenza vissuta proprio nella zona Castello: Andrea Pintaudi, Di Blasi Antonina , Attilio Rossello, Giovanni Scaffidi.

Le loro memorie , legate all’ex Castello, iniziano tutte all’incirca a partire dalla seconda guerra mondiale sino a giungere agli anni ‘50-‘60 e  – come si legge nei documenti allegati alla cornice – si legano tutti a quest’area nella quale  loro si recavano per giocare e trascorrere le giornate.

Un vasto terreno – come raccontano –  di proprietà di Cosimo Pintabona, Mannino Gaetano e Trovato Salvatore,  nel quale , oltre ad una rigogliosa vegetazione (che vantava diversi alberi da frutto ) si trovavano , per l’appunto, anche i resti del castello baronale. Tra questi , la descrizione più affascinante e ricorrente  in  tutti le testimonianze raccolte,  è quella che narra della presenza di una  grotta , scavata nel terreno, che presentava un soffitto a volta ( di colore celeste ) , impreziosita da diversi affreschi.

Un luogo misterioso a dire di chiunque abbia avuto la fortuna di visitarla  –  “ a grutta”  – prima che il suo accesso fosse ostruito in conseguenza, sicuramente, dei lavori per la costruzione della scuola che iniziarono negli anni ’50 del secolo scorso ( come si evince da alcune delibere firmate dall’allora primo cittadino Giuseppe Argeri  , ritrovate e rese pubbliche dallo stesso Giuttari,  che proverebbero anche la compravendita del terreno tra il Comune ed i legittimi proprietari dell’epoca).

Questi importanti frammenti di storia, incastonati come gemme  preziose in questa opera artigianale ,   vanno preservati e tramandati , di generazione in generazione, in quanto riguardano il passato della comunità sampietrina,  ne raccontano la sua evoluzione storica -culturale e tracciano  le orme percorse dai loro antenati  i quali hanno permesso di giungere a  quello che siamo oggi.

Pezzi di un puzzle che difficilmente si trovano nei libri o negli archivi storici che Enrico Giuttari, da sempre fautore della divulgazione , soprattutto ai giovani , della storia locale tramite le sue opere,  ha voluto donare alla comunità affinchè fosse ristabilita e conosciuta una parte, seppur parziale, della vera storia di come si presentava quello che fu il suggestivo Castello di San Piero Patti che svettava sulla parte più alta della collina che domina il paese nebroideo e che oggi, purtroppo, si può solo tentare di immaginare grazie anche alle immagini evocate da questi nuovi racconti inediti.

Sara Gaglio

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