In queste ultime ore quattro clochard sono stati uccisi dal grande freddo, senza che nessuno, come sempre, si fosse preoccupato di evitare questa terribile fine. Uno di questi senzatetto era ammalato di tubercolosi ed è stato trovato stecchito nei locali fatiscenti dell’ex Standa di viale della Libertà a Messina. Dove una volta c’erano luci, colori e calore, adesso una tenebra di ghiaccio ha avvolto un derelitto dimenticato.
I senzatetto appartengono ad una “razza” che si affaccia su un abisso d’indigenza e di dolore. Si calcola che in Italia siano 90.000; uomini e donne. Si trascinano negli angoli di un mondo invisibile. Vengono alla luce solo quando debbono tendere la mano ai cosiddetti normali.
Sono infagottati di stracci, carichi di sacchetti al cui interno c’è tutta la loro “ricchezza”, quello che racimolano in giro come avanzi di cibo, qualche lurida coperta e cartoni per ripararsi.
Vite prive di affetti, di riferimenti. Solo una panchina, un portico o un rudere per passare la notte. Spesso in compagnia di un cane, l’unico amico, l’unico che non si lamenta mai, l’unico che accetta di condividere il destino malvagio.
Vite di uomini e sempre più di donne, molti di loro anziani, ma sempre più spesso anche di giovani. Sovente persone ammalate, disconosciute dai familiari, tossicodipendenti, ex carcerati o pazienti dimessi dagli ex manicomi. Ci sono però anche disoccupati, immigrati, sfrattati, emarginati per le varie vicende dell’ esistenza.
Solo quando muoiono, ci accorgiamo a malapena di loro. Negli altri momenti prevalgono il torpore e l’indifferenza. Ed a volte anche il fastidio per la loro “scomoda” presenza. Perché i loro occhi spenti interpellano la nostra coscienza addormentata.
Eppure ci dicono che la nostra è una società organizzata. Basterebbe quindi poco per salvarli. Un modesto alloggio, un lavoretto, una camera di ospedale.
Per salvarli soprattutto dalla neve e dal gelo. Dai rotoli di ghiaccio che abbiamo nelle nostre anime…riscaldate solo dai camini.
Diego Sergio Anzà