DIARIO NOTTURNO – CORIANDOLI DI ALFREDO NAÏF ( di Diego Sergio Anza’)

DIARIO NOTTURNO – CORIANDOLI DI ALFREDO NAÏF ( di Diego Sergio Anza’)
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SÌ, sul sedile del Tocco volano tanti coriandoli colorati. E vola un alfabeto naïf.     A, L F, R, E, D, O.
A, come amabile. L, come laborioso. F, come frenetico. R, come rosso. E, come entusiasta. D, come discolaccio. O, come unico. Ho sbagliato consonante? No, alla sampirota: ALFREDU.
Tardo pomeriggio d’estate. Io approdo nel porto dove sono nato. Due passi per il caffè. Chi sono quegli sconosciuti davanti al vecchio Circolo? Da un cerchio di gambe escono in danza coriandoli. Verdi, gialli, bianchi, amarena. La magia del ritorno? Mi rivolgo al campanile. Nessuna risposta.
È  facile credere nella magia quando si è giovani. Tutto ciò che non si poteva spiegare, era magico, allora. Non importava se era scienza o una favola. Elettricità ed elfi erano entrambi infinitamente misteriosi e altrettanto possibili. Gli elfi probabilmente di più.
Ma adesso che due “anta” sono passati!
Il cerchio di gambe si spezza, si sgomitola il ricordo. Ci sono assisi una faccia da corsaro, un giro sbilenco di Panama, una camicia dei Tropici, due allegre bretelle ed un pantalone amaranto. Dispettosissimo. I coriandoli sventolano parole, leggere ed accoglienti.  “Ciao Dieguccio”.  “Ciao Alfreduccio”.
Non è passato quasi mezzo secolo. Ci siamo lasciati ieri. Al tempo degli elfi. E sento le Forze dell’aria, del fuoco,della terra e dell’acqua.
Dal campanile pende un telone bianco, come al cinema Paradiso. Vedo Alfredo sulla sua Guzzi che sbuffa come la mongolfiera della signora Peppina. E poi le capriole delle due ruote, come al circo dei “folli”. E una scimmietta sulle sue spalle che sbeffeggia lo stupore. Volta e rivolta la carta del villano per un impossibile futuro.
Alfredo è Merlino. Ha unito il sangue rosso al sangue verde. Trafigge la carne e dissoda la terra. Riempie budella ed accarezza pomodori. Non c’è passato e presente. Il tempo si accovaccia all’ombra della fantasia.
L’Ape trasporta belati e melassa di zucche.  Sotto le botti dei gaudenti, c’è la stanza dei miraggi. Non fa entrare nessuno, Alfredo. Neppure i cavalieri arabi che scalpitano, lì vicino. Una sera mi ammette al privilegio. Il mio cane Shalom abbaia a bambole, scatole di meraviglie, tavole cifrate e ferri appassiti. Esco con gli occhi colorati.
Alfredo usa le lame affilate di Chicago, ma la sua lingua rintocca decisa e suadente come le campane del vespro. Affabula tra splendore di peperoni e macina di nervi scannati.
A San Piero viaggia ancora questo prezioso carro. Questo strano e diverso carro trainato dalle ridenti bretelle. Un acquerello naïf. Mentre attorno il mondo si allinea nella banale  quiete.
Alfreduccio, ti vedo davanti alla torta dei tuoi anni. Mi sembra che sorridi un po’ mesto. Stai tranquillo e colorato come sempre. La fantasia non spegne mai le candele. Ed il tempo deve obbedire.
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