DIARIO NOTTURNO – IL TEMPO DI SAN PIERO ( di Diego Sergio Anza’)

DIARIO NOTTURNO – IL TEMPO DI SAN PIERO ( di Diego Sergio Anza’)

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I primi mesi d’estate sono stati opachi e banali. Lo specchio di un mondo uguale. Poi sono arrivati l’autunno e l’inverno. Il paesaggio è la sostanza di ciò che vuoi essere. Il bisogno di semplificare, di uscire da un tempo malsano. È giunto il tempo di San Piero, dopo la fuga da un’epoca, da un grande inganno. L’idea del quadro di famiglia, della mansarda terrazzata, della carriera, è entrata in crisi. Le mura della città riflettono quel fallimento, quel mestiere stagionale. Leggevo Latouche e volevo uscire dalla mercificazione della vita. Volevo di nuovo guardare le creste e le pareti ed abbandonare certe vette celebrate.

Ho capito che non possiamo più essere gli uomini di quella stagione storta. In città evapora l’intensità delle relazioni. Gli incontri sono troppi ma vaghi. Impossibile acquisire nuovo valore uno per l’altro. Quel tramonto ora è lontano. Nella nuova alba ho riscoperto le otto montagne di Cognetti ed il ragazzo della selva e l’amicizia e le relazioni e l’uso del corpo e la conoscenza. La città chiude, agglomera, ingloba. Il paese ti restituisce libero e consapevole. I serpenti fuggono con la solitudine e hai di nuovo voglia di accarezzare gli altri, di sentirti comunione. Torni figlio e vorresti già diventare padre. Una speranza condivisa che cresce intensa e quieta, là dove in città invece si arrovella nell’abbordaggio del frastuono.

L’altro giorno un paesano smilzo con una tuta blu mi ha salutato da lontano. Poi mi ha raggiunto dal tabaccaio, mi ha stretto la mano, mi ha guardato negli occhi. In pochi minuti ho scoperto la sua vita e lui la mia. Una tensione benigna, un incontro che ti fa sentire al sicuro. In vita. Come due alberi che mostrano i loro semi, senza la paura degli avvoltoi nascosti dietro una nube scura.

C’è nel vicolo l’odore del pane fresco, c’è nel balcone una coperta gialla ed un maglione rosso. C’è il profumo del Marsiglia.

Ci sono pure quattro ruote motrici che spezzano un ramo di ginestra, ma a pochi metri, a Savarì, il nocciolo ti consola.

Poi svolti, la strada è vuota, silenziosa. Forse anche le case. Sai però che lo stesso ogni porta si aprirà se vorrai chiedere zucchero, sale ed una calda parola. Cari amici di San Piero, soprattutto giovani amici: che cercate nelle strade lontane, nelle case serrate? Che cercate tra paludi tossiche, tra la gente che vi travolge in una corsa immobile, che smania dentro celle di cartongesso prima di tramortire su un tram senza desiderio?

Cercate lavoro, carriera, guadagno, luci di cinema e di drink? È legittimo, forse anche giusto. Non oso discutere le vostre scelte anche perché ho fatto lo stesso anch’io.

La vita in fondo è un telone su cui puoi lasciare tutte le tracce che vuoi. E pure i colori. Ma con tutti gli sforzi possibili, mai riesci a fare tuoi i pennelli e le matite.

Non c’è scampo. Nella nostra esistenza abbiamo due soli giorni davvero importanti: quello in cui sei nato e quello in cui, se ti riesce, capisci perché.

In nessun libro, tra il cemento metropolitano, troveremo questo pensiero. Nel quaderno di San Piero, possiamo provare a scriverlo e forse anche a spiegarlo, il perché.

Solo per questo motivo, se rinascessi, non lascerei mai i tetti del borgo.

 

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Diego Sergio Anza’

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